la via come percorso narrativo del paesaggio

Hendry David Toureau, era solito camminare almeno quattro ore al giorno. Camminava per contestare, per sfuggire alla vita del villaggio. “Due o tre ore di cammino dal mio villaggio mi possono condurre nel luogo più straordinario che mi sia mai accaduto di ammirate. E’ possibile scoprire una sorta di armonia tra le risorse di un paesaggio entro il raggio di 10 miglia o i limiti di una passeggiata pomeridiana ed i 70 anni di una vita umana. Né gli uni né gli altri vi diverranno mai troppo familiari”.

 Nelle sue camminate volgeva lo sguardo a quel paesaggio ancora selvaggio, che ansiosamente ricercava nelle sue quotidiane tensioni verso la natura magnetica che lo induceva  a preferire sempre l’Ovest del suo villaggio piuttosto che l’est, più urbanizzato.

“Fortunatamente Posso agevolmente camminare per dieci venti miglia uscendo da casa senza senza incontrare alcuna abitazione. L’uomo con le sue faccende (chiesa stato, scuola, commercio, agricoltura, politica) mi rallegra vedere quanto poco spazio occupi nel paesaggio”. (Thoureau)

Guardando quel paesaggio e compiacendosi di non vedervi impressi i segni dell’uomo, il filosofo stava compiendo un’operazione di lettura.

Secondo Duccio Demetrio“Camminare è raccontare, è il muovere verso la fine della storia. […] Tappa dopo tappa il racconto svela antefatti, intrighi intoppi, fermate impreviste […] Nella narrazione, nella musica nella sequenza di immagini ed in quella del fluire dei concetti, il camminare da origine nel caos delle parole, dei suoni, delle figure da luogo a forme dotate di una regola, di un metodo.”

Camminare fornisce quindi un metodo che, nel caso del paesaggio, soprattutto di un paesaggio che spesso è confuso e sfigurato può essere metodo di lettura utile alla decifrazione dei suoi significati.

Riguardo al camminare come narrazione quindi come strumento di lettura del paesaggio Carlo Socco scrive:“Sin dall’ascensione del Petrarca al Mont Ventoux ci è nota l’importanza dei percorsi nella fruizione del paesaggio e l’inscindibilità del binomio passeggiata-paesaggio. I percorsi sono le sequenze di lettura del paesaggio […] Per conoscere il paesaggio dobbiamo individuare un itinerario e percorrerlo registrando la sequenza delle vedute di mano in mano che queste cambiano.[…] La struttura sintattica del testo paesaggistico letto da un percorso è identificabile come una sequenza di episodi costituiti dalle diverse unità di paesaggio percepite attraverso le vedute e posta lungo un’asse metrico. […] La struttura della visione di un luogo è simile a quella di un racconto, di una sequenza di episodi che stabiliscono tra loro un intreccio di rimandi, rievocazioni e variazioni tematiche. Il paesaggio si presenta secondo i suoi percorsi tipici -e pertanto- La tutela del paesaggio sta anche nella tutela della struttura sequenziale di questi percorsi”.

 Riguardo al monito di Turri circa la necessità di redigere la mappa che manca in Italia Socco aggiunge anche che “La mappa di cui i paesaggi italiani hanno bisogno è una rappresentazione del complesso intertesto dei diversi tipi di unità di paesaggio e del reticolo dei percorsi che ne consentono e disciplinano la lettura”.

Se la considerazione di Socco è giusta,  vera e condivisibile per i tratturi molisani, per i percorsi di crinale delle Langhe, è evidente quanto lo sia per una strada che, con il suo passaggio ha strutturato il territorio (R. Stopani la definisce una strada-territorio) fondando borghi-strada (Siena ne è l’esempio principe), favorendo lo sviluppo di città, veicolando contaminazioni nel linguaggio architettonico, nella tradizione orale ed in molti altri aspetti della cultura.

Aanche Turri evidenzia come camminare abbia una duplice natura di movimento nello spazio e nel tempo che gli conferisce la dimensione di fenomeno narrativo

“…può essere un’occasione per leggere il territorio e dare ad esso valore di paesaggio, riconoscendogli quelle valenze che derivano dalle capacità di farsi spettatori attivi […] passeggiare implica una partecipazione fisica imposta dal fatto di muoversi a piedi.[…]Basta una passeggiata di mezza giornata per scoprire un paesaggio, è penetrarne l’essenza, coglierne la dimensione temporale molteplice, comprenderne l’origine, sia per quanto riguarda la formazione geologico-territoriale che per le sovrastrutture storiche”. (Turri 1998)

Camminare acuisce la vista e gli altri sensi e permette di dare ordine e significato alle cose in mezzo alle quali si passa e, pertanto, può essere usato per leggere il paesaggio e per mappare il territorio.

I walk artists (Richard Long ed Hamish Fulton) lo hanno utilizzato per trasformare il corpo in uno strumento capace di annotare gli eventi del viaggio poiché sul corpo in movimento si riflette la struttura fisica del territorio. Noi utilizzeremo il camminare, nostro ed altrui, per annotare gli elementi salienti e significativi della sequenza dei paesaggi o, per usare il chiarissimo termine di Francesco Careri, del walkscape Francigeno.

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